Il PE incoraggia la Serbia a condannare i discorsi di odio dell'accusato criminale di guerra Šešelj

27.11.2014 11:55

Il PE incoraggia la Serbia a condannare i discorsi di odio dell'accusato criminale di guerra Šešelj

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Vojislav Seselj

Su proposta del Gruppo PPE, il Parlamento europeo (PE) ha approvato una risoluzione urgente su "Serbia: il caso del criminale di guerra Šešelj".

A seguito del rilascio provvisorio da parte del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia di Vojislav Šešelj, il presidente del Partito radicale serbo accusato di crimini contro l'umanità e di violazioni delle leggi e delle consuetudini di guerra in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Vojvodina (Serbia) all'inizio degli anni Novanta, il Parlamento europeo ha condannato con forza il suo recente atteggiamento guerrafondaio e l'incitamento all'odio verso i non serbi, l'incoraggiamento di rivendicazioni territoriali (il progetto della "Grande Serbia") contro gli Stati vicini, compresa la Croazia, membro dell'UE, e i tentativi di far deragliare il percorso europeo della Serbia.

"È una questione di valori europei: se la Serbia, in quanto Paese candidato, vuole aderire all'Unione Europea, le sue autorità dovrebbero condannare chiaramente il comportamento inammissibile di Šešelj. È nell'interesse del futuro europeo della Serbia", ha dichiarato l'eurodeputato Andrej Plenković, vicepresidente della Commissione Affari esteri e autore della risoluzione. Il Parlamento europeo ha rilevato con preoccupazione l'assenza di un'adeguata reazione politica e di una risposta legale da parte delle autorità serbe in merito ai discorsi di odio di Šešelj dopo il suo rilascio provvisorio.

Plenković ha aggiunto: "Il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia dovrebbe intraprendere un'azione decisa per riaffermare la fiducia del pubblico nel lavoro del Tribunale". La risoluzione del PE chiede al Tribunale e all'Ufficio del Procuratore dell'ICTY di riesaminare l'esistenza dei requisiti per la liberazione provvisoria di Šešelj in base a nuove circostanze; la vittimizzazione secondaria delle vittime di guerra da parte di Šešelj e l'annuncio che non tornerà volontariamente all'Aia quando richiesto.

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